domenica 25 gennaio 2015

Daniele Piazzi: Omobono di Cremona

Daniele Piazzi, teologo e liturgista cremonese, ha scritto questo interessante testo sul santo medievale, patrono della città di Cremona.
Siamo di fronte ad un santo che emerge dal tessuto sociale e civile della città, un persona normalissima, quindi non appartenente a nessun ordine religioso.
Nella sua introduzione, Piazzi, chiarisce come:
"I santi divengono tali, perché lo sono secondo l’opinione degli altri.
Non è una affermazione dissacrante.
E' “l’opinione pubblica ecclesiale”, che fa di un credente un santo.
La santità nel medioevo
Nell’antichità cristiana era la Chiesa locale a riconoscere in un defunto la santità e a proporlo come modello e intercessore. 
Pian piano la Sede Apostolica ha riservato a sé questo diritto, ma non è mai scomparso il retroterra popolare, la fama di santità che spesso accompagna un uomo di Dio fin da vivo. 
I santi acclamati popolarmente raggiungono subito una grande venerazione però viene a mancare il substrato storico fatto di documenti.
Nasce allora la necessità di scrivere e si evidenziano una serie di domande che l'autore esprime in maniera chiara:
"Come si fa a divulgare la fama di santità senza una biografia? 
Come si fa a celebrare la festa annuale del santo senza ufficiature appropriate che ne cantino la vita, le virtù, i miracoli? 
Nasce l’esigenza popolare e liturgica insieme di celebrare il campione della fede, mostrando ai contemporanei e ai posteri la corrispondenza della sua vita con le regole di santità comunemente accettate."
L’agiografo medievale riordina il materiale (a volte l’inventa) secondo canoni diversi dai nostri. 
Gli fanno scuola le grandi vite sanctorum composte prima di lui e diventate dei classici. 
Giustamente Piazzi si interroga, a questo punto, se veramente sono affidabili questi racconto agiografici.
E ancora "quali strumenti abbiamo per tentare di raggiungere la personalità di un santo medievale? "
Infatti abbiamo solo le sue antiche biografie e la possibilità di interpretarle alla luce dei numerosi studi che ormai hanno fatto adeguata luce sul clima spirituale e culturale del medioevo. 
Dinanzi a questi esempi di santità popolare gli occhi dell’agiografo, meglio se contemporaneo o di poco posteriore, sono per noi la prima fotografia che la storia ci dà.
"Una fotografia - come specifica l'autore - certo scattata con l’angolatura e i filtri del suo tempo, della sua cultura, della sua teologia sulla santità, ma non meno preziosa, poiché la figura del santo ci viene consegnata dal medesimo ambiente che il santo ha respirato nella sua esistenza, da quel progetto di vita cristiana che ha condiviso con i suoi contemporanei."
La preziosa considerazione di Piazzi, dinanzi a questi documenti antichi, così si impone: 
"Le vite medievali sono strumenti da prendersi con cura, ma non sono così disprezzabili come una certa storiografia vuole farci credere, anzi, se lette bene ci trasmettono una quantità insolita di particolari, sono una miniera di informazioni."
Il lavoro del teologo cremonese su S.Omobono nasce dunque dal desiderio di far accostare più persone possibile alle antiche agiografie di sant’Omobono.
Si tratta di testi che l'autore ha studiato approfonditamente per poter realizzare la revisione del calendario e dei testi per la celebrazione dell’Eucarestia e della Liturgia delle Ore nelle ricorrenze proprie della Chiesa cremonese. 
Constatando la riduzione e a volte la sfasatura nella presentazione della figura del santo patrono cremonese operata dalle biografie dal ‘500 in poi, l'autore ha ritenuto opportuno ritornare alle fonti e non lasciare i manoscritti rintracciati nella ordinata polvere delle biblioteche. 
La finalità del presente scritto è quindi - secondo Piazzi - molto semplice: trascrivere, tradurre, commentare i più antichi manoscritti degli anonimi biografi di Omobono e, infine, tentare di collocare il santo nella più genuina spiritualità del suo tempo. 
Lo studioso francese André Vauchez è stato, con le sue opere, edite in questi ultimi anni e nelle quali ha sapientemente studiato i santi laici medievali cremonesi, un valido aiuto per la realizzazione di questo lavoro.
Ha permesso infatti all'autore di rintracciare i manoscritti e di capire meglio la personalità di Omobono. 
Un punto dolente di Piazzi si legge nell'introduzione dove dice che "mentre si nota che i nostri santi medievali guadagnano uno spazio di tutto rispetto nella storia della santità e della spiritualità, si sta affievolendo la devozione del popolo di Dio nei loro confronti."
Per questo motivo il testo realizzato ha proprio l'intento di risvegliare l’interesse dei cremonesi e degli studiosi verso il santo patrono, veneratissimo dai padri.
Omobono Tucenghi
Nel riassumere questo studio sulla figura del Patrono di Cremona, Daniele Piazzi evidenzia come la lettura incrociata dei testi agiografici sulla vicenda storica del santo insieme all'indagine sul clima ecclesiale spirituale e sociale nel quale è vissuto e ha maturato la sua esperienza religiosa, ci ha aiutato a superare l’ambito ristretto di lettura della sua santità nella tradizione cremonese.
Il lavoro fa comprendere come è importante passare dall’effetto alla causa, dalla attività caritativa e dall’amore ai poveri di Omobono alla radice di questa scelta di vita: la penitenza volontaria e la sequela di Cristo crocifisso e della sua umanità; in una parola si potrebbe dire , attualizzando, la conversione:
“All’origine della scelta dell’atteggiamento penitenziale si trova evidentemente il passo evangelico di Matteo, 4, 17: ‘Penitentiam agite, approprinquabit regnum celorum’.
Un santo penitente
L’appello alla conversione, alla rinuncia al peccato, è strettamente legato alla prospettiva dell’imminente avvento del Regno: 
‘Fate penitenza, il Regno di Dio è vicino’. 
Questo implicito nesso causale è stato colto con estrema nettezza nel Medioevo, quando fare penitenza non significava soltanto mortificarsi o domandare perdono per le proprie colpe. 
Significava anche assumere l’unico atteggiamento ammissibile nei confronti di Dio: riconoscersi peccatori in tutta umiltà e pentirsi per ripristinare un rapporto spezzato dal peccato. 
Allorché l’uomo si definisce come puro nulla dinanzi alla maestà divina, secondo la mentalità medievale, Dio è quasi obbligato a rivelarglisi. 
Ma tale risultato può essere conseguito solo al compimento di un esercizio di purificazione che passa per il triplice rifiuto del potere, del sesso e del denaro. 
Una simile concezione della purificazione per mezzo della penitenza, attraverso questa triplice rinuncia, fu molto apprezzata anche dai laici medievali perché andava nel senso di una tendenza fra le più caratteristiche della pietà popolare, che ama contrapporre il nero al bianco e si mostra volentieri manichea. 
Omobono è proprio figlio del XIII secolo dove l’ideale penitenziale sfocia in un ascetismo ansioso di conformarsi alla Vittima del Calvario. 
Subire pene corporali, per un laico di quel tempo, significava anzitutto riattualizzare e rivivere nel proprio corpo la Passione del Figlio di Dio.
Questo, in breve, lo spirito che ha animato la santità di Omobono Tucenghi del quale troviamo, nel libro di Piazzi, gli scritti autentici delle varie antiche biografie del Santo.
Ne complesso , a mio avviso, siamo di fronte ad un testo interessante per gli studiosi del medioevo, ma anche per tutti coloro che vogliono immergersi in questo periodo arcano e sempre affascinante.


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