lunedì 12 gennaio 2015

Primo Mazzolari: Tu non uccidere

Un grande libro dell'autore cremonese, che va contro ogni mente che vuole destabilizzare le cose con la violenza.
La violenza, la lotta armata è una terribile tentazione per voler stabilire la giustizia.
Una terribile verità che è al fondamento anche delle guerre “giuste” che vengono proclamate continuamente anche dai nostri paesi democratici.

Essere uomini di pace
Nell’introduzione a questo testo così Mazzolari esordisce
"Ci siamo accorti che non basta essere i custodi del verbo di pace, e neanche uomini di pace nel nostro intimo, se lasciamo che altri - a loro modo e fosse pure solo a parole - ne siano i soli testimoni".
Troviamo in questo libro, uscito nel 1955, il riassunto del pensiero del prete cremonese sul pacifismo
L’impegno per la pace di Mazzolari si ricollega anche agli interrogativi brucianti che si sono susseguiti durante la storia. Sotto questo aspetto don Primo ha cercato di non rimanere chiuso a questi appelli e a queste domande che spesso hanno inquietato la cristianità rispondendo con riflessioni e sintesi mai definitivamente compiute.
Questo volume rappresenta un tentativo per cogliere la "lezione" di un grande testimone della pace del Novecento.

Con la violenza non c’è futuro!
Nei terribili scenari che si presentano all’orizzonte contrapposizione di civiltà, lotte conflitti sui quali viene continuamente soffiato il fuoco dobbiamo però ricordare grandi testimoni di pace i papi Giovanni XXIII, Giovanni Paolo II, Gandhi, La Pira, Mazzolari, Martin Luther King, dinanzi a queste testimonianze “la morte ha paura”(David Turoldo), la guerra ha paura, la prepotenza ha paura.
Mazzolari dice saggiamente che non bisogna “far saltare con la dinamite le cortecce dell’egoismo”. Così infatti conclude il suo testo:
“Di fronte alla criminale resistenza di molti benpensanti, non è facile persuadere la povera gente che la giustizia possa arrivare senza violenza. Se vogliamo ristabilire la fiducia degli oppressi e dei diseredati nella pace cristiana, dobbiamo, prima che sia troppo tardi, dimostrare che non è necessario far saltare con la dinamite la corteccia degli egoismi, i quali impediscono ai poveri di vivere e di far valere democraticamente i loro diritti. La pace non sarà mai sicura e tranquilla fino a quando i poveri, per fare un passo in difesa del loro pane e della loro dignità, saranno lasciati nella diabolica tentazione di dover rigare di sangue la loro strada. Senza giustizia non c’è pace. Frutto della giustizia è la pa­ce: “Opus justitiae pax”.”

Nulla è cambiato
Oggi, a sessanta anni di distanza da quei tempi, non c’è nulla nel testo di Mazzolari che possa dirsi superato, datato e non attuale.
È vero, le occasioni di guerra cambiano, gli antagonisti hanno un nome diverso: ma la « questione » rimane la stessa. E rimane identico l’impegno del cristiano.
I pochi riferimenti “datati” alla situazione di guerra fredda di allora, e alla contrapposizione dei due blocchi, dei due sistemi politici, militari, ideologici, “occidentale” e “orientale”‚ non tolgono alcunché alla “attualità” di un discorso che è ancora in anticipo, rispetto alle posizioni ufficiali della Chiesa e a tanta parte di una coscienza cristiana dubbiosa, inquieta, in perenne contraddizione.
“Certo, qualcuno potrà ancora esserne sconcertato, dissentire o dubitare: ma non c’è dubbio che nessun di­scorso, nessun dibattito, nessuna seria riflessione sulla guerra e la pace, dovunque e con qualsiasi intenzio­ne si facciano, potranno più escludere quelle parole, potranno più « far senza » quei princìpi, quella carica combattiva, quelle rigorose argomentazioni, quell’implacabile ortodossia, quel dovere che sta al di sopra di ogni eccezione: tu non uccidere.” Così il commento di Arturo Chiodi su il dialogo (http://www.ildialogo.org/donprimo/tunonuccidere1021062004.htm)

Chi guida le sorti dell’umanità e muove le guerre?
Con grande carica profetica e analisi di estrema attualità, Mazzolari identificava i poteri forti come gli artefici delle guerre. Così si esprimeva nel suo libro:
“Purtroppo la guerra è tuttora in mano dei militari, dei politici e dei banchieri: ma se l’opinione mondiale ne sventasse a poco a poco le trame denunciando certi criminali disegni; se li folgorasse con l’orrore del peccato contro l’uomo, prendendo dal Vangelo e dalle lettere degli ultimi papi l’accento e la passione profetica, finiremmo per accorgerci che qualche cosa si muove. È questione d’aver fede quanto un granello di senapa, e prendere l’iniziativa in nome di questa fede, poiché se non ci si deve dare, e neanche si deve firmare per una pace falsa, bisogna che qualcuno si faccia avanti e offra agli uomini di buona volontà la vera pace.”
Le guerre e violenze pilotate da chi muove anche la finanza è un discorso machiavellico che si ripete nella storia.
“Quando si tratta di guerra, pare che non ci sia più niente di criminale: tutto viene verbalmente giustificato dalle necessità della guerra.
La scusa di evitarla tenta di giustificarne la preparazione; la vittoria da raggiungersi ad ogni costo fa lecito l’illecito. Mai come in tempo di guerra e per la guerra Machiavelli fa scuola.
Se qualcuno protesta, protesta contro la parte avversaria, la quale ha il torto di fare ciò che tutti fanno.”
Ancora:
“Proposte e controproposte di disarmo si rincorrono da anni; ma neppure l’uovo del controllo viene fuori, perché a Washington, a Londra, a Mosca, a Parigi, son tutte galline senza uova.
Per queste vie, che per colmo d’ironia si chiamano concrete (per certa gente, la concretezza è lo svenarsi nel riarmo prima e nei campi di battaglia poi), non si fa molto cammino verso la pace.”

Non è forse una contraddizione
“che dopo venti secoli di Vangelo gli anni di guerra siano più frequenti degli anni di pace?
che sia tuttora valida la regola pagana: « si vis pacem, para bellum »?
che l’omicida comune sia al bando come assassino, mentre chi, guerreggiando, stermina genti e città sia in onore come un eroe?
che l’orrore cristiano del sangue fraterno si fermi davanti a una legittima dichiarazione di guerra da parte di una legittima autorità?
che una guerra possa portare il nome di « giusta » o di « santa», e che tale nome convenga alla stessa guerra combattuta dall’un campo o dall’altro per opposte ragioni?”
Interrogativi che incalzano e ci fanno comprendere come è difficile giustificare una guerra giusta …

Quanto si spende per le armi
Mazzolari nel suo testo con dovizia e precisione già accentua l’enormità delle spese belliche
“La guerra 1939-45 è costata tre volte di più della prima guerra mondiale: e cioè 375 miliardi di dollari oro.
Con le somme spese si sarebbe potuto provvedere d’un alloggio comodo e mobiliato ciascuna famiglia degli Stati Uniti, del Canadà, dell’Australia, Inghilterra, Irlanda, Francia, Germania, Russia, Belgio ecc., e di più costruire chiese, ospedali, scuole, musei, biblioteche, strade, stadi ecc.
Ma s’è preferito quella ricchezza - costata lavoro, ingegno, sacrificio - gettarla in armi, per distruggere abitati e abitanti.
Cita nel suo scritto grandi pensatori:
“Ogni cannone che viene costruito, ogni nave da guerra che viene varata, ogni razzo che viene preparato rappresenta un urto a coloro che hanno fame, a coloro che hanno freddo e non hanno da coprirsi. Infatti un bombardiere pesante costa quanto trenta scuole o due centrali elettriche capaci ognuna di fornire luce ad una città di 60 mila abitanti o a due ospedali; un solo aeroplano da caccia costa come 150 mila quintali di grano; con i dollari necessari per allestire un cacciatorpediniere, si potrebbero costruire case per 8000 senzatetto” (Eisenhower).
“Col denaro sprecato in un solo mese di guerra mondiale, si potrebbe irrigare tutto il deserto del Sahara”(Joliot Curie).
Primo Mazzolari propone con convinzione quello che oggi le organizzazione pacifiste ripetono continuamente rimanendo inascoltate.
“Se quanto si spende per le guerre, si spendesse per rimuoverne le cause, si avrebbe un accrescimento immenso di benessere, di pace, di civiltà: un accrescimento di vita.
E non è meglio vivere che morire ammazzati?”

I diritti dell’amore
Il libro sottolinea come i diritti dell’amore sono quelli che alla fine sono i più veri e duraturi.

“I diritti dell’amore non sono in contrasto coi diritti della giustizia e della verità, purché non si separi la giustizia e la verità dall’uomo, riducendo l’uomo a uno schema o a un concetto.
Chi, attraverso l’uomo, vede soltanto la patria, la nazione, la razza, la classe, il partito, la religione, è nell’occasione prossima di peccare contro l’uomo e di « svuotare la croce».
L’uomo, visto dall’alto della croce, non è la massa, non il russo, non l’americano, non l’ebreo, non il borghese, non il proletario, non il comunista, non il prete... ma l’uomo, quella povera creatura che prima di essere colui che ci fa morire, è colui per il quale moriamo.”

Concludendo
Un’opera che riassume il pensiero mazzolariano attaccando a fondo la dottrina della guerra giusta e l'ideologia della vittoria, il tutto in nome di un'opzione preferenziale per la "nonviolenza",
La strada che anche Gandhi ha indicato come via maestra e con cui ha raggiunto dei grandi risultati politici
Dalle riflessioni di Mazzolari è sorto un forte «movimento di resistenza cristiana contro la guerra», oggi caratterizzato da tante organizzazioni cristiane che si battono per la pace.

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