lunedì 4 gennaio 2016

Cremona e Piacenza: la fondazione romana e successive trasformazioni


Cremona romana
DALLA CITTÀ ROMANA ALLA CITTÀ TARDOANTICA:
TRASFORMAZIONI E CAMBIAMENTI NELLE CITTÀ DELLA PIANURA PADANA
CENTRO‑OCCIDENTALE

Cremona, Piacenza e Pavia sono le città edificate dai Romani nel centro della Pianura Padana, nei pressi di corsi d'acqua e su terrazze di origine fluviale. Dal III secolo dC ci furono modifiche nella struttura urbanistica delle città che ne hanno trasformato l'aspetto:
nuove fortificazioni;
nuovi edifici come chiese e palazzi;
nuove tecniche di costruzione;
inclusione della campagna all'interno delle mura.
Stiamo in questo modo osservando la nascita della città medievale.
Il rapporto con la geomorfologia ha così condizionato questa evoluzione.
Questa  pubblicazione è la prima parte di un interessante lavoro realizzato da - PIER LUIGI DALL’AGLIO - KEVIN FERRARI- GIANLUCA METE (1) (https://www.academia.edu/), eccellenti studiosi di archelogia.

1. INTRODUZIONE 
L’età tardoantica, termine che indica il periodo di transizione tra l’età romana imperiale e l’alto medioevo, è un momento di grande crisi intesa nel senso letterale e originario del temine, ossia di trasformazione e cambiamento. Nella tradizione quest’epoca è stata a lungo interpretata in un’ottica negativa, come se questi mutamenti indicassero soltanto un processo di degenerazione e degrado dell’assetto precedente, una sorta di regressione della civiltà compreso tra due periodi ben definiti e caratterizzati da fasi di sviluppo e crescita. Pur nella sua problematicità si tratta piuttosto di un’età ricca e complessa in cui molti fattori portavano a una nuova strutturazione delle realtà precedenti trasformandole in qualcosa di nuovo e originale (2). I cambiamenti in corso riguardarono moltissimi aspetti, dalla struttura delle istituzioni politiche all’immaginario del potere, dall’economia alla società e alle modalità di sfruttamento del territorio. Il paesaggio stesso subì numerose variazioni, con una riduzione delle aree insediate, la nascita di nuovi poli di aggregazione, la ricomparsa di aree incolte come zone umide, palustri e boschive. Le nuove condizioni del popolamento, con una diminuzione della presenza umana sul territorio, fecero venire meno il controllo costante sulle infrastrutture e sui corsi d’acqua, tanto che anche l’assetto idrografico mutò in modo sostanziale (3). Questi fenomeni non risparmiarono neppure le città. Rispetto all’epoca imperiale caratterizzata da crescita demografica e rinnovamento urbanistico e architettonico, ora si assisteva invece a una fase di ripiego, con interventi meno numerosi o limitati più che altro a restauri, abitazioni private meno ricche, edifici riadattati a nuove funzioni, aree parzialmente abbandonate. Tale situazione non sfuggiva neppure agli stessi autori antichi che percepivano i mutamenti in atto, anche se poi si deve prestare attenzione a contestualizzare e a distinguere tra diverse situazioni e realtà geografiche. In una zona come la Pianura Padana, con particolare riferimento alla VIII regio augustea, vediamo ad esempio una serie di situazioni molto variegate e complesse ma che sono indicative delle tendenze appena descritte. Nel periodo compreso tra il tardoantico e l’alto medioevo, ad esempio, alcune cittadine come Veleia o Claterna cessarono di essere abitate e persero la loro forma di centri urbani, pur essendo attestati (es. pieve a Claterna ) alcuni elementi di continuità come centri di riferimento del territorio circostante. Fidentia subì una sorte analoga ma recuperò al contrario un aspetto cittadino dopo una fase di abbandono che fece però perdere memoria persino del suo antico nome. Casi di continuità abitativa, ma con significativi mutamenti, sono costituiti ad esempio da Mutina , che subì nel VI secolo d.C. una fase di dissesto idrico con conseguente slittamento del centro della città medievale rispetto a quello romano, o da centri come Parma e Bononia , che videro invece una restrizione dell’area urbana con la costruzione di una cinta muraria che escludeva quartieri precedentemente abitati. Sorte diversa toccò invece a città come Placentia , Cremona e Ticinum , che ancora in età tardoantica mantenevano invariati i limiti materiali della città (le mura), mostrando una continuità formale più marcata che comunque non le risparmiava dalle trasformazioni che stavano interessando indifferentemente tutte le altre città. Collocate nel settore centrale della pianura padana, nelle vicinanze di corsi d’acqua di notevole importanza quali il Po, il Trebbia e il Ticino, tali città sono sorte in un contesto geomorfologico simile e mostrano notevoli analogie nel rapporto tra l’impostazione dell’impianto viario e la geografia fisica del territorio. Forse la posizione geografica e lo stretto rapporto che lega forma urbis e geomorfologia si possono annoverare tra le molteplici cause che hanno favorito questa maggiore continuità “apparente” tra città romana e medievale rispetto, ad esempio, ad altri centri di pianura come quelli enunciati precedentemente. A questa situazione dovette contribuire anche la loro vicinanza a corsi d’acqua. Sappiamo infatti, anche attraverso una notizia di Sidonio Apollinare, che la viabilità fluviale rivestiva in questo periodo un ruolo di grande importanza, rendendo dunque Cremona, Pavia e Piacenza dei centri privilegiati proprio per la loro collocazione (4). Anche in queste città si verificarono comunque una serie di modifiche nella gestione e nell’organizzazione degli spazi interni e nel tessuto viario che ne mutarono l’aspetto. Il passaggio tra la fase romana e quella tardoantica è caratterizzato da alcune problematiche che sono state bene messe in luce dalla storia degli studi e che sono ormai assodate come linee guida di queste trasformazioni. Questi parametri possono essere suddivisi in tre gruppi, uno relativo alla costruzione e realizzazione di nuove strutture (sistemi difensivi, edifici cristiani, centri di potere, luoghi per le attività produttive), uno relativo alla destrutturazione e riutilizzazione di elementi preesistenti (templi, fora , edifici pubblici, edifici da spettacolo, infrastrutture), uno relativo infine alla trasformazione di spazi e usanze (edilizia privata, uso di aree pubbliche, comparsa di giardini e ortivi nel perimetro urbano, nuovi spazi e rituali funerari, diversi sistemi di produzione e scambio) (5). In tutte e tre le città oggetto di studio si possono riconoscere chiaramente numerose tracce di questi elementi di mutamento e destrutturazione della città romana che portarono al contempo a una nuova spazialità che costituirà la base dello sviluppo della città medievale. L’analisi dei singoli centri permette comunque di cogliere sfumature e particolarità legate alle peculiarità locali e alle diverse vicende storiche, ma possono anche in questo caso essere in parte collegate con quella che è la geografia fisica. Inquadramento geografico e geomorfologico dell’area oggetto del presente studio

1.1 Inquadramento Geomorfologico
Il settore di pianura in cui vennero fondate le città di Cremona, Piacenza e Pavia è caratterizzato dalla presenza di forme di origine fluviale che sono state modellate in seguito a un'alternanza di azioni di deposito e di erosione dei corsi d'acqua a partire dal Pleistocene ad arrivare ai giorni nostri. La parte a nord del Po presenta un livello terrazzato ben distinguibile, originatosi in occasione dell’ultima massima espansione glaciale e abbandonato dai principali corsi d’acqua nel corso del Pleistocene, quando questi iniziarono una forte attività erosiva andando a scorrere in valli delimitate da ripide scarpate e per questo chiamate “valli a cassetta". Tale superficie, nota in letteratura come Livello Fondamentale della Pianura, non è più stata interessata da fenomeni di rilievo a partire dall’inizio dell’Olocene, ma è comunque modellata e articolata in una serie di forme quali dossi e paleoalveiIl settore a sud del Po si mostra invece molto diverso a causa della differente storia geologica cui è stato soggetto il territorio. La fascia appenninica infatti non fu interessata dalla presenza di ghiacciai e la litologia di questi terreni, ricchi di peliti, ha favorito la produzione di molto sedimento che ha contribuito alla creazione di potenti coltri alluvionali che hanno livellato il rilievo e rendono più problematica una distinzione cronologica dei terrazzi su base topografica come invece è possibile fare per le regioni a nord del Po. Mentre l’attività fluviale del comprensorio settentrionale è stata sostanzialmente limitata alle valli a cassetta senza più interessare le superfici del ripiano superiore e più antico, nella parte a sud i mutamenti dei corsi d’acqua sono stati più frequenti e sono avvenuti in epoche anche più recenti. Lo stesso fiume Po si trova a scorrere in una fascia di meandreggiamento incisa nel corso dell’Olocene nei ripiani limitrofi e la cui ampiezza varia da zona a zona. In certi punti il corso d’acqua ha avuto maggiore stabilità e di conseguenza una minore attività erosiva laterale, per cui le scarpate dei terrazzi rispettivamente settentrionale e meridionale si trovano maggiormente ravvicinati. Queste strette morfologiche sono punti ideali di attraversamento e sono strategicamente importanti. Cremona, Piacenza e Pavia si collocano, dunque, in questo contesto morfologico che condiziona la scelta del luogo ove furono fondate, ma anche in parte l’organizzazione della forma urbana.

1.2 Inquadramento Storico 
I Romani iniziarono la loro espansione verso la Pianura Padana a partire dall’ultimo quarto del III secolo a.C. Sconfitta una coalizione di Galli Boi, Insubri, Lingoni e Taurini nel 222 a.C., vennero fondate dopo pochi anni le colonie di diritto latino di Cremona e Placentia. Le due città resistettero alle turbolenze portate dalla seconda guerra punica e da un altro periodo di ostilità coi Galli che si concluse nel 190 a.C., anno in cui ricevettero un rinforzo di coloni e iniziarono un processo di crescita economica e demografica. La zona corrispondente all’attuale Emilia Romagna fu romanizzata con una serie di deduzioni coloniarie e di assegnazioni viritane, mentre la Gallia Transpandana fu assimilata con un processo più graduale che si concluderà tra l’89 e il 49 a.C. con la concessione prima del diritto latino e poi della cittadinanza romana. In questo processo di romanizzazione e integrazione delle comunità locali si inserisce la nascita di Ticinum. La regione conobbe durante la fine dell’epoca repubblicana e i primi anni dell’Impero un periodo di sviluppo e crescita economica, ma fu comunque direttamente interessata dalle principali vicende belliche e politiche del periodo. Cremona ad esempio fu colpita da una serie di interventi che influenzarono negativamente la vita cittadina: in un primo momento (41 a.C.) il suo territorio fu nuovamente centuriato per essere assegnato ai veterani di Ottaviano e successivamente, dopo la caduta di Nerone, fu saccheggiata dalle truppe di Vespasiano nel 69 d.C. Nonostante ciò la città si riprese e visse un nuovo periodo di relativa pace e tranquillità insieme a tutta la regione. Anche a Piacenza sono documentati interventi nei primi anni dell’Impero, quando venne dedotta una colonia augustea e quando sono attestate operazioni sul territorio, come una risistemazione della via Emilia. A partire dal II e III secolo d.C. iniziano i primi segnali di difficoltà. La pressione delle popolazioni germaniche con le prime incursioni, la crisi politica e le difficoltà fiscali che interessano l’Impero Romano nel suo complesso hanno delle ripercussioni anche nell’area Padana. E’ proprio in questo periodo che iniziano ad essere documentati in ambito urbano quegli elementi che abbiamo riconosciuto tipici del periodo tardoantico, come la costruzione di nuove opere difensive, la diffusione del cristianesimo con i primi edifici di culto e un impoverimento nell’edilizia pubblica e privata. Non ci sono molte fonti letterarie su Piacenza, Cremona e Pavia che testimonino i cambiamenti in corso in questa fase, ma possiamo immaginare, grazie al quadro offerto da alcuni scavi archeologici, che dovevano avere ancora una certa ricchezza grazie alla loro posizione lungo il fiume Po, lungo la via Emilia e la via Postumia e lungo il Ticino. Nel V secolo d.C., con la dominazione degli Ostrogoti, Pavia diviene, ad esempio, la seconda capitale del regno con una serie di interventi edilizi che segnano la topografia della città altomedievale. Mentre Piacenza fu conquistata probabilmente già sotto il regno di Alboino con la prima ondata di occupazione longobarda (569 -570 circa), Pavia resistette ad un assedio di 3 anni e Cremona era ancora abbastanza forte da opporsi ai nuovi invasori. Nonostante ciò nel 603 fu espugnata e distrutta da Agilulfo (6). Siamo ormai nel VII secolo e la fisionomia dei centri urbani è già mutata rispetto all’epoca romana con il processo di trasformazione e riorganizzazione degli spazi interni ampiamente avviato. La conoscenza di queste fasi è però resa problematica dalla scarsa quantità e qualità dei dati archeologici a disposizione. La maggior parte degli scavi si è svolta in un periodo in cui ancora si privilegiavano le evidenze strutturali e non vi era particolare attenzione alla metodologia per cui le labili tracce delle frequentazioni medievali, spesso legate a strutture in materiale deperibile, non venivano individuate o registrate. Gran parte della stratigrafia dei centri storici è stata inoltre danneggiata in parte dalla costruzione dei palazzi e delle cantine rinascimentali, in parte dalle realizzazioni di monumenti di epoca fascista. Tali interventi urbanistici hanno ridisegnato quasi completamente l’aspetto di questi centri abitati e i lavori legati alle nuove realizzazioni hanno interessato in grande profondità il sottosuolo. Nonostante la frammentarietà e la scarsa qualità di certe informazioni si riescono a ricavare, tra vecchi e nuovi scavi, abbastanza dati per ricostruire le linee evolutive generali di questa serie di mutamenti che hanno portato alla nascita della città medievale.

Note

1- Dipartimento di Archeologia – Università degli Studi di Bologna (pierluigi.dallaglio@unibo.it); (kevin.ferrari2@unibo.it); (gianluca.mete@virgilio.it) 

2 -Una discussione sulle problematiche del passaggio tra la città romana e quella medievale si può ad esempio trovare in Catarsi Dall’Aglio, Dall’Aglio 1991 -1992; Ward Perkins 1997; Brogiolo, Gelichi 1998; Brogiolo 2010. 
3 - Si pensi ad esempio alla mutazione di corso del Serio (Dall’Aglio et al.2010), a una serie di alluvioni che ricoprirono Modena, o ancora alla zona di Lugo e Faenza (Franceschelli, Marabini 2007) solo per fare alcuni esempi. 
4 - Sidon. Epist.1,5, 3 -5. Narra Sidonio Apollinare, sul finire del V secolo, di essersi imbarcato su una nave cursoria, quindi del servizio pubblico, raggiungendo, attraverso la navigazione fluviale del Ticino e del Po, Ravenna. 
5 -Brogiolo 2010. 
6 - Paul. Diac. Hist. Lang . IV, 28.



Giovanni Maria Platina: il maestro intarsiatore

Armadio del Platina
Giovanni Maria Platina (Piadena, 1455 circa – Mantova, 1500) è stato un intarsiatore italiano.Conosciuto anche come Giovanni Maria da Piadena svolse la maggior parte delle sue opere a Cremona e si formò nella bottega di Cristoforo Canozzi di Lendinara, divenendo maestro lignario.
"L'armadio intarsiato in legno di cipresso che Giovanni Maria da Piadena o, col nome più consueto, Platina, eseguì attorno al 1477 per la sacrestia del Duomo di Cremona è un oggetto d'arte unico al mondo, che non trova comparazione in altri mobili consimili.
Di proprietà del Perinsigne Capitolo della Cattedrale, è stato affidato per un lungo e sapiente restauro a Vincenzo Canuti, un giovane restauratore di legni prematuramente scomparso.
Alla fine di tale operazione, esso è tornato in deposito al Museo Civico Ala Ponzone, dove ora è possibile ammirarlo nella sua straordinaria qualità.
Questo manufatto combina la conoscenza dei materiali, la capacità tecnica del maestro lignario e le ragioni di utilità pratica dell'armadio stesso, con la sfida alla pittura, condotta con mezzi meno flessibili, ma che esaltano la maestria interpretativa del suo autore.
Si svela così, nascosta dietro le ante chiuse, ma mirabilmente aperte all'arte, di un armadio, la stagione più alta e solenne della tarsia italiana." (da http://www.silvanaeditoriale.it/)
Il Platina realizzò anche nel 1484 il coro ligneo per la Cattedrale di Cremona.
Agli inizi del Cinquecento provvide alla realizzazione dello Studiolo di Ludovico Gonzaga Vescovo a Gazzuolo.
A lui è dedicata un importante via del centro storico di Cremona.