domenica 11 settembre 2022

Giovan Battista Trotti detto il Malosso: un pittore cremonese

Un artista del tardo Rinascimento da conoscere maggiormente è Giovan Battista Trotti detto il Malosso (Cremona, 1555 - Parma 1619). Sembra sia stato Agostino Carracci, pittore e incisore, (Bologna 1557 - Parma 1602) con cui Trotti ha lavorato insieme nel tribunale di Parma, a dargli il soprannome di "il Malosso" (il cattivo osso).

Erede di Bernardino Campi
“Si è formato presso la bottega di Bernardino Campi (Cremona 1522 - Reggio Emilia 1591), di cui non fu solo l’allievo prediletto, ma anche erede, poiché ne sposò la nipote Laura Locatelli”: cosi ne parla dottoressa Raffaella Poltronieri, dottore di ricerca presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia e autrice del volume ‘Il Malosso e la sua bottega’, Scalpendi Editore, Milano 2019, in una intervista a Il nuovo Torrazzo, settimanale cattolico di Crema.
“Nel 1575 Malosso - aggiunge la Poltronieri - ereditò lo studio del maestro, che, vista la mancanza di figli, nel 1577 gli donò anche la metà dei suoi averi: sapendo che al momento del lascito dello studio Giovan Battista aveva vent’anni e che la formazione era di almeno tre, possiamo ipotizzare che il suo arrivo in bottega sia avvenuto intorno al 1571. Sicuramente la sua istruzione si basò innanzitutto sulla pratica del disegno: pur sostenendo la necessità di ritrarre al naturale, Bernardino utilizzava anche modellini di gesso o cera; ricordiamo, infatti, che tra i beni ereditati dal Malosso vengono citati ben 1.320 disegni a stampa, la cui funzione era probabilmente legata alla pratica della copiatura da parte degli allievi, soprattutto per la conoscenza dei modelli classici”.

La sua bottega
Una volta ereditato lo studio, Malosso entrò a far parte dell’Università dei Pittori Cremonesi. “Dai documenti di questa università - precisa la studiosa dell’arte - si capisce che l’artista iniziò a formare una bottega con aiutanti intorno alla metà degli anni ottanta del 500’. Da qui cominciò a realizzare una quantità di opere notevole, diventando il punto di riferimento per la produzione di pale d’altare a Cremona e in città limitrofe, ma continuando a lavorare anche a soggetti profani per alcune famiglie nobili. In gioventù aveva ad esempio lavorato per i Gambara a Verolanuova e a Vescovato. Il periodo più prolifico però sono sicuramente gli anni novanta del Cinquecento, quando riuscì a occupare la sua équipe in più luoghi contemporaneamente: si tratta cicli di affreschi all’interno di chiese piuttosto lontane tra loro, ovvero a Salò, Piacenza, Soresina e Cremona, dimostrando di avere un numero di allievi elevatissimo e completamente formato per dipingere uniformandosi allo stile del maestro”.

Pittore di corte dei Farnese
La svolta nella sua carriera avvenne però nel 1604, quando diventò pittore di corte dei Farnese a Parma, lasciando comunque aperto, a quanto pare, anche il suo studio cremonese. “Nel 1609 Ranuccio I - puntualizza Raffaella Poltronieri - lo insignì del titolo di Cavaliere, diventò precettore di disegno di Ottavio Farnese e cominciò a dedicarsi anche a discipline artistiche diverse dalla pittura, progettando, ad esempio, apparati effimeri, paramenti sacri, giardini, fontane e dirigendo una squadra di artisti per la decorazione del Teatro Farnese, dimostrando così si essere un artista eclettico e sempre pronto a mettersi in gioco”.

La morte a Parma
Nel luglio del 1618 alcuni problemi di salute costrinsero Trotti a tornare a Cremona, ma il periodo di riposo fu breve a causa delle sollecitazioni del duca di Parma a riprendere i lavori, come progettista di apparati effimeri, per l’arrivo a Piacenza del granduca di Toscana Cosimo II.
Trotti, nella città farnese, dispose le sue ultime volontà in un codicillo datato 9 giugno 1619 e solo due giorni dopo, l’11 giugno, morì a Parma, dove venne sepolto nell’oratorio della SS. Trinità.
Volta della navata centrale della chiesa di San Pietro al Po attribuita alla bottega del Malosso



sabato 10 settembre 2022

La parrocchiale di San Pietro


 



Ho trovato un'analisi interessante del 1858, a firma di Cesare Cantù, sulla parrocchia di San Pietro al Po in
Cremona. Cesare Ambrogio Cantù (Brivio 1801 - Milano 1895) è stato uno storico, letterato, politico, archivista e scrittore. Nel suo libro "Grande Illustrazione del Lombardo-veneto " Volume Terzo, si trova una descrizione dei monumenti e delle opere d'arte della parrocchia di San Pietro.

"La chiesa fu edificata nel secolo XI, riordinata nel XV, occupata dai Benedettini dal 1068 al 1439, che vi fondarono l'ampio monastero, nel quale ebbero poi stanza i canonici Lateranensi di sant' Agata, poi i Carmelitani di san Bartolomeo, indi i Cherici regolari di San Paolo, i padri della Missione; soppresso ogni ordine di frati, divenne parrocchia dei preti secolari nel 1808. Il disegno della basilica a tre navi, del più splendido ordine corintio, vuolsi di Andrea Palladio, ma pare di Colombino Ripari canonico cremonese del 1550. Il quadro del secondo altare a man destra, la Deposizione di Gesù Cristo nel sepolcro, è di Lattanzio Gambara, bresciano, scolare di Giulio Campi.
La Beata Vergine del terzo col bambino, i santi Cosma e Damiano e un devoto genuflesso, trasportata or ora della chiesa sussidiaria di Sant'Angelo, è tavola unica di Gian Francesco Bembo del 1524, artista scarso di opere, ma grandissimo di merito e uno de' primi ristoratori della pittura lombarda. La Natività del quarto altare è del Malosso del 1583, prima eravi un Martirio di Giacomo Palma del 1593, ora nel refettorio dai restauri impudenti.
 [Santa Maria Egiziaca - Malosso 1602]

La conversione di santa Maria Egiziaca in fondo alla navata destra è forse la miglior tela del Malosso del 1602, a cui appartiene altresì il paradiso frescato sulla volta.
Il famoso presepio del secondo altare della navata opposta è di Bernardino Gatti del 1549 , trasportato a Parigi e restituito. Dei quadri degli altari che seguono, la Sacra Famiglia è di Antonio Campi, di Giulio gli affreschi mirabili della Circoncisione; il Martirio di Santa Cecilia di Gervasio Gatti del 1601 col suo ritratto in figura di soldato.
Da questa chiesa si trasportò in Brera a Milano la copia della santa Cecilia di Raffaelo, benissimo condotta da Antonio Campi, ma di lui vi rimasero all' altar maggiore la Beata Vergine col bambino e molti santi, tela dipinta nel 1575, e il bellissimo affresco dell' Elia sul carro di fuoco del 1580 sulla volta della sagrestia. Il Giudizio universale della cupola, le Sibille e gli altri affreschi del presbitero appartengono a Gregorio Lamberti fiorentino del 1607, mentre gli affreschi degli archi e de' contrarchi sono dello stesso Antonio Campi del 1579.
I piccoli soggetti a fresco delta volta maggiore del tempio, rappresentano le Virtù e i loro simboli sono del Malosso; quelli delle volte laterali dei Campi, del Masserotti, del Natali, del Lodi e d'altri stimati maestri d'architettura, d'ornato e di figure. Ai lati della porta grande, l'incontro di San Gioachino e sant'Anna in legno è l'unico lavoro dello Scutellari cremonese del 1540, la Deposizione della croce e la Pietà del Riccò del 1522.
[Moltiplicazione dei pani e dei pesci di B. Gatti (1522)]
Nel antico refettorio sta a fresco, il capolavoro di Bernardino Gatti del 1522, ma ormai roso dagli anni e maltrattato dagli uomini, la moltiplicazione dei pani e dei pesci, con trecento figure d'ogni sesso ed età, maggiori del vero e in diverse foggie d'abiti, di nudi, di volti, di attitudini e di mosse, di gruppi e rilievi; vero miracolo dell'arte. In esso vuolsi sieno effigiati Lutero, Calvino, Beza e l'autore.
Questa parrocchia ha due chiese sussidiarie, Santa
[La chiesa di Santa Lucia]

Lucia che dicesi eretta da Teodolinda, fu prima parrocchia, poi concessa nel 1583 ai Somaschi, che v'ebbero convento; ha un quadro del Malosso del 1504, la Beata Vergine col bambino e altre figure uno del Masserotti e un altro d'ignoto. Le belle statue in legno dell'Angelo custode e del Crocifisso sono forse del Bertesi. Testè scalcinatosi il muro dell'andito dalla porta minore comparvero bellissime teste di antica maniera e di audace colorito, certo del 1400 e da meritare la diligenza di scoprire il tesoro nascosto e conservarlo.
La chiesa di Sant'Angelo, prima de' Santi Cosma e Damiano, poi dei Santi Vitale e Geroldo, credesi edificata anch'essa nel secolo VII, ricostruita nel secolo XV; occupata dai Benedettini, poi eretta in priorato, indi ceduta ai Francescani, che vi fabbricarono il cenobio, divenuti ora il Ritiro delle zitelle pericolanti.
[Chiesa di Sant'Angelo, poi San Vitale, ora Centro Culturale]

Fu spogliata di quadri di prim'ordine, il detto del Bembo, uno di Bernardino Campi una copia del riposo in Egitto del Correggio fatto da Bernardino Gatti. Dei pochi che rimangono sugli altari uno è del Malosso del 1585, l'altro è pur di lui, ma su disegno del suo maestro Bernardino Campi. Sulla volta del coro eravi, lavorato a fresco, come in duomo, dal Boccaccino, un grandioso Redentore irradiato d'oro coi quattro animali simbolici; ma i barbari nostri e de' nostri tempi l'hanno coperto di bianco e forse di calce. Dicesi ciò fosse imposto da un benefattore per dar lume alla chiesa: ma se fu pazzo o ignorante non dovevano esser pur tali quelli che accettarono l'eredità a tal prezzo? nè essi potranno mai pretendere il titolo di savj e d'illuminati, finchè non rintegrino, o lo tentino almeno, quel capo d'arte, che non può che essere che sublime. Sulla parete della facciata avvi una buona scultura in marmo del beato Antonio da Cremona, morto a Vercelli nel 1475.(Quel che rimane di questo edificio sacro, "Ex Chiesa di SanVitale", è ora un centro culturale situato in Piazza Sant'Angelo 1) In questa parrocchia eravi il Monastero della Colomba (ora cangiato in case private), costrutto da Bianca maria Visconti, ornato di affreschi d'uno dei Bembo. In una stanza terrena vedevasi testè ancor dipinto il muro e la volta con un Apollo in mezzo alle muse".

 


martedì 30 agosto 2022

CREMA: città da vedere

 

                                                                        CONTINUA

Intervista a Mons. Perego

 

“Guarda chi è drè passar…lè el vescuv di migrant”: così i pensionati di Ferrara, che si ritrovano ogni mattina in piazza della cattedrale, commentano, in dialetto ferrarese, quando passa nelle vicinanze mons. Gian Carlo Perego, Arcivescovo di Ferrara CONTINUA

Un cremonese alla guida della diocesi di Ferrara-Comacchio

 

Mons. Gian Carlo Perego, nato a Vailate (CR) nel 1960, nel 2017 Papa Francesco lo ha nominato arcivescovo di Ferrara-Comacchio CONTINUA

giovedì 28 luglio 2022

Coro Ponchielli Vertova di Cremona



Nato nel 1989 attraverso la fusione delle due Corali Amilcare Ponchielli e Ottorino Vertova, il Coro Lirico ha perseguito, quale scopo fondamentale, lo studio e l'esecuzione di brani specificatamente operistici. Attualmente si compone di circa 75 elementi ed è presente in varie manifestazioni culturali ed umanitarie nelle quali esegue concerti lirici con la pertecipazione di cantanti solisti, viene accompagnato dal solo pianoforte ed anche da gruppi strumentali. L'attività concertistica si svolge intensamente sia in ambito cittadino che provinciale e regionale, ma recenti trasferte hanno portato il Coro a toccare mete più lontane e prestigiose.
Presidente dell'associazione musicale è Francesco Bianchi, segretaria Silvia Cicognini e tesoriera Mariagrazia Angelica Maffini.

Patrizia Bernelich
La direzione della compagine è affidata alla maestra Patrizia Bernelich, Direttore d'orchestra, di coro e pianista. Dal 2004 dirige il Coro Lirico “Ponchielli Vertova” con il quale svolge intensa attività di divulgazione del repertorio lirico di tradizione; dal 2006 anche il Coro Filarmonico di Piacenza. Nel 2011 ha fondato l'Ensemble Armonico, composto da eccellenze strumentali di Piacenza e Cremona: versatilità e capacità di comunicare emozioni sono i punti di forza a cui il direttore P. Bernelich ha inteso affidarsi. È titolare della cattedra di Pianoforte principale al Conservatorio “G. Nicolini” di Piacenza. E' incaricata della progettazione artistica rivolta alle scuole primarie di 1^ e 2^ grado di Piacenza e provincia.
Collabora con Associazioni Culturali in qualità di Consulente Artistico e ideatrice di spettacoli. 

 



mercoledì 27 luglio 2022

Santa Maria della Scala a Castelvisconti

 



Castel Visconti è un piccolo paese, in provincia di Cremona, con importanti reminiscenze storiche. Infatti costituiva, oltre che il confine di stato tra Milano e Venezia, una significativa via di comunicazione, e godeva di una sorta di esenzione dai versamenti di imposte e tasse ai Visconti.

La storia
Il paese, feudo Visconteo dal 1391 in avanti, fino al secolo XVIII, fu donato nel XIV secolo da Regina della Scala, moglie di Bernabò Visconti, ai canonici di S. Maria della Scala, chiesa collegiata esistente a Milano sul luogo dove oggi sorge il Teatro omonimo.
Demolita la Chiesa milanese della Scala per far posto all'attuale celeberrimoTeatro della Scala, parte dei numerosi arredi fu destinata alla parrocchiale di Castelvisconti. Fra le altre cose giunsero a caslevisconti la campana grande della torre, le acquasantiere di marmo rosso, i cassa banchi della sacrestia, le banche in noce del coro, il prezioso cancelletto in ferro battuto adorno dell'emblema scaligero, e le statue lignee dell'Assunta (sopra l'altare Maggiore), e delle sante Anna e Veronica (nella cappella invernale).


Furono i canonici milanesi a determinare le sorti del borgo e a prendersi cura attiva della fertile campagna circostante, ricca di acqua, provvedendo anche a deviare il corso del fiume che la minacciava.

La chiesa di Santa Maria della Scala
Sull'abitato e sul territorio domina l'imponente chiesa parrocchiale settecentesca, alta sulle scarpate che scoscendono fino al fiume, creando uno dei paesaggi più ondulati e mossi della nostra campagna provinciale. Bellissimi punti di osservazione si colgono nell'arrivare a Castelvisconti dai vicini Bordolano, Casalbuttano, Azzanello, Borgo S. Giacomo.
La chiesa, intitolata a S. Maria della Scala rappresenta il lascito al paese dei Canonici che ne avviarono la costruzione nel 1747 e la aprirono al culto il 22 novembre del 1772, in una zona al riparo dalle piene del fiume Oglio, alle quali era soggetta la chiesa precedente. Con la sua mole grandiosa in mattoni a vista, la fronte solenne, i fianchi irrobustiti


dai contrafforti e la massa dell'abside semicircolare imponente come una fortezza, essa domina il paese da una posizione relativamente elevata, e colpisce per la semplificata eleganza delle linee architettoniche che ne fanno una delle più belle chiese della zona. (cfr Wikipedia)




martedì 26 aprile 2022

La cremonese Paola Bignardi a Piacenza

 “Oggi la Chiesa si trova ad un bivio: o consegnarsi rassegnata alla sua stanchezza, o riprendere in mano con coraggio il suo futuro, nella certezza che lo Spirito l’accompagna sulle strade creative della novità e non su quelle stanche della ripetizione”. Sono le parole chiave della riflessione di Paola Bignardi, intervenuta il 24 marzo in Cattedrale a Piacenza per il secondo Quaresimale sul tema “Una Chiesa in ascolto”.
Cremonese, pubblicista, interessata ai temi sociali ed educativi, la Bignardi è stata presidente nazionale dell’Azione Cattolica, incarico che le ha permesso di approfondire la vita laicale nella Chiesa e nella società. Attualmente è membro del Comitato di indirizzo dell’Istituto Toniolo, per il quale coordina l’Osservatorio Giovani, ed è presidente della Fondazione “Don Primo Mazzolari”.



Che cosa significa ascoltare?
Che cosa significa ascoltare? - si è domandata la relatrice che ha risposto sottolineando come è importante lasciare entrare in se stessi pensieri anche non previsti, lasciarsi colpire profondamente. “Tutto ciò è difficile - ha aggiunto -, ma ci arricchisce, ci fa uscire dal nostro egocentrismo e cogliere la vita che pulsa e che bussa alla nostra porta”.
Il salmo 118, nel quale si afferma che la Parola di Dio è come una lampada, ha consentito a Paola Bignardi di evidenziare che la Sacra Scrittura è una luce discreta che non abbandona l’uomo al disorientamento ma che invece illumina lo spazio scuro del mistero.


L’altro è una “terra sacra”
È necessario - per la relatrice - ascoltare la vita che è piena di parole. “La natura - ha spiegato -, l’esistenza quotidiana, quello che ci accade ogni giorno, tutto è Parola. La vita non è un succedersi di piccole cose che capitano, ma il misterioso snodarsi di una Parola.
Saper ascoltare è una virtù importante, significa rallentare il passo, smettere ogni fretta, darsi tempo; infatti la guarigione del cuore comincia dall’ascolto. Papa Francesco ci ricorda, nell’Evangelii Gaudium, che bisogna avvicinarsi ad ogni persona come ad una terra sacra, con rispetto e attenzione, mettendosi in prossimità che è una forma di fraternità.


Allenarsi per ascoltare
Nelle comunità cristiane - ha sottolineato Bignardi - i laici sono allenati ad un ascolto passivo che non sollecita un coinvolgimento. Inoltre, insieme alla sfiducia, allo scoraggiamento, alle frustrazioni, i posti vuoti nelle chiese sono sempre di più…
La scelta della Chiesa è ora quella di mettersi in ascolto: un passo decisivo e significativo, ma con una serie di condizioni elencate dalla relatrice.
La prima è che sia un ascolto come quello di Dio che ha sentito il grido del suo popolo. È necessario un allenamento, un tirocinio per comprendere gli altri. Vi è poi la condizione che tutti possano prendere la parola, anche i cristiani comuni che non hanno alcun luogo per farlo. Infine, la Parola dev’essere caricata e intrisa di vita; diventa preziosa, per la Chiesa, se si è sporcata a contatto con le persone. 
Comprendere la crisi che stanno vivendo le comunità ecclesiali - secondo Bignardi - ha il suo fulcro nel reinterpretare il significato di essere cristiani in questo tempo, in questa epoca, e la Chiesa lo può fare solo insieme, in una dimensione sinodale.