mercoledì 18 marzo 2015

Il Torrazzo, storia e arte


"All’anno 1284 Antonio Campi nel suo Cremona Fedelissima (1585) scrive «L’altissima, e bellissima Torre del Duomo, detta comunemente il Torraccio, fu quello anno secondo alcuni principiata da Guelfi, et in due anni finita; altri (il che pare più verisimile) vogliono che fusse edificata la parte quadra molto prima, e che in questo tempo fusse poi fatta dalla quadra in sù...».
Ma, aggiungeva il Campi, non essendovi «scrittura autentica» su cui fondare più sicure notizie, «ognun rimanga dell’opinione che più gli gradirà». 
Era un bel modo di cavarsi d’impiccio di fronte ad un problema allora, come oggi, già persistente. Ma, alla mancanza di documenti, da qualche anno cercano di supplire le fatiche di archeologi e ricercatori di archivio che sondano con crescente curiosità una delle torri più alte, mastodontiche, e bisogna pur dirlo, delle più belle del mondo."
Così inizia la sua pagina dedicata al Torrazzo la prof. Elda Fezzi (1930 - 1988) nel suo volume "Cremona, lo stile di una città - 1983"
Prosegue poi con un interessante excursus storico e descrittivo
"Le fondamenta sono assai profonde, la parte in cotto alla base, nel suo interno, sposta le date di inizio verso epoche altomedioevali. Si risale alla fine del X secolo o agli inizi dell’XI, ma nei secoli successivi acquista struttura e sviluppo adeguato a più decise funzioni civiche, in relazione anche alla rielaborazione campionese e antelamica della Cattedrale.
Nella sua prima parte, di torre quadrata terminante in merli, la distribuzione delle cornici, delle monofore, bifore e quadrifore presenta affinità con campanili di area mozarabica (per esempio, con la forma a torre della prima parte del campanile, pure doppio, della moschea Kutubia a Marrakesh, del XII secolo).
E’ altissimo, visibile da lontano, quasi come un faro, da tutte le antiche strade che raggiungono la città.
Di altezza eccezionale, di oltre 111 metri, unisce la rarità della torre doppia, ottagono su quadrato, probabilmente ideate in epoche differenti, ma coordinate da un’ardita concezione architettonica.
Dalla terrazza quadrata, alla quale termina la torre romanico-gotica che è circondata da venti merli alti otto braccia cremonesi, circa quattro metri, si eleva la slanciata, lievitante cuspide a doppio ottagono, la cui composizione sembra evocare, insieme con antiche meraviglie grecoellenistiche, legate a funzioni astronomiche e a cabale astrologiche, le concezioni dell’architetto romano Vitruvio.
Sopra otto grandi arcate a tutto centro incorniciate da archi pensili, si alza una loggia ad otto archi per lato, marcata da pinnacoli a piramide, in marmo. 
Si stacca da questa cornice un secondo tamburo, che sostiene la loggia di sedici arcatelle, da cui spicca il cono terminale, diviso da otto cordoni marmorei.
Il richiamo alle città ideali del ‘400, con otto porte e sedici torri, (relazioni con la rosa dei venti, il numero dei venti di Vitruvio, otto, e la torre dei venti di Atene), che ricorre nella struttura della Ghirlanda, porterebbe la costruzione, o ricostruzione del bellissimo gioiello architettonico, in epoca rinascimentale.
Le ipotesi possono apparire troppo improbabili, data la scarsità di documenti, ma la Ghirlandina, che ha somiglianze con eleganti torri gotiche lombarde (quella milanese di San Gottardo, ad esempio, opera del cremonese Francesco Pegorari, circa 1336, e la torre nolare dell’abbazia di Chiaravalle) ha caratteristiche assai più spaziose o razionali, oltre alla raffinatezza degli intervalli e dei raccordi di volume e di colore fra le colonnine, i pinnacoli, le materie usate. 
Proporzioni e rapporti fra architettura e luce, le ‘pietre cotte’ e le ‘pietre vive’, lasciano supporre l’intervento di un architetto o di architetti rinascimentali, conoscitori delle novità prospettiche e meccaniche, come Aristotele Fioravanti da Bologna (chiamato in Lombardia, e a Cremona, da Francesco Sforza, intorno al 1460-62, e che sarà il costruttore di due chiese del Cremlino, a Mosca), il Filarete, o altri intelligenti e capaci architetti cremonesi al corrente di originali ‘torri doppie’(come quella filaretiana del Castello di Milano, che veniva illustrata alla fine del’400 in una delle tarsie del Platina nel coro del Duomo)."

Una descrizione ricca di particolari interessanti che ci proietta nell'ammirazione di questa stupenda torre che è diventata il simbolo di Cremona.

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